L’isola del nonno

Non è semplice con in nostri bambini affrontare il tema della morte di una persona cara, di un famigliare, di un nonno magari, al quale si è voluto molto bene, con il quale si sono condivisi momenti di gioco, complicità, scoperta, affettività.

Ne “L’isola del nonno” Benji Davies, autore inglese di grande dolcezza e sensibilità, riesce ad affrontare l’argomento con una dose davvero mirabile di grazia, merito anche della scelta di una chiave immaginifica, simbolica e fantasiosa, lieta oltre la malinconia di fondo, grazie alla quale la dimensione affettiva si percepisce in ogni grande, colorata, intensa e vivissima tavola.

Tavole dal tratto morbido, gaio e gentile, dalle tinte pastose, semplici nello stile eppure eloquenti, che si accompagnano a un testo lieve ed essenziale, raccontando – grazie a rimandi, citazioni, particolari, pose, espressioni  – molto agli occhi che sanno indugiare nell’osservazione.

Syd si reca spesso a trovare il nonno, nella sua abitazione in fondo al giardino. Ha tanta familiarità da poter entrare anche quando il nonno è assente, conoscendo il nascondiglio dove egli ripone la chiave.
Un giorno che la casa pare deserta, il bambino si sente chiamare dalla soffitta. Il nonno si è rifugiato in quella stanza sconosciuta, ingombra di oggetti curiosi.

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Syd lo raggiunge e insieme passano oltre una misteriosa porta di ferro, nascosta da un telo.
Al di là c’è il ponte di una nave, svettante sui tetti delle città. Un rombo di sirena e i due salpano, prendono il mare aperto e giungono fino a un’isola tropicale rigogliosa, verdeggiante, fitta di una vegetazione meravigliosa.

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Il lettore attento potrà notare che alcuni degli oggetti che popolavano la soffitta si ritrovano anche sull’isola. La teiera, ad esempio, il grammofono, ma anche la scimmia, che in casa era un pupazzo inerte di peluche mentre ora è un animale vivo e vivace.

Tanto divertente è la vita sull’isola, tra tuffi, giochi e momenti di quiete, che al momento di tornare indietro, verso casa, il nonno comunica a Syd che la sua intenzione è quella di restare.

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Il bimbo comprende e dopo un attimo di preoccupazione, coraggiosamente assume il comando della nave e rientra in città.

E’ il giorno dopo, quando Syd torna nella casa deserta, che scatta la malinconia: il nonno non è più lì, la soffitta è deserta e perfino la porta di metallo è scomparsa. Che sia stato solo un sogno? Ma in bocca a un pellicano arriva il messaggio a rassicurare e fugare il dubbio: un nonno sorridente, sereno in mezzo agli amici dell’isola.

(L’elemento fantastico che fa capolino nel reale, quando tale reale pare riconquistato e confermato, è tipico di parecchi lavori che mescolano i due piani. E’ importante per dare credito e sostanza alla dimensione della fantasia e per incontrare a pieno lo spirito d’infanzia, che sa mescolare i due livelli nel quotidiano, passando dall’uno all’altro con naturalezza).

Un pregio prezioso dell’albo è la sua capacità di parlare di una tematica dolorosa e difficile senza aver bisogno di nominarla, né di darne una rappresentazione diretta, didascalica. Non per questo risulta meno eloquente, anzi, dal punto di vista emotivo è estremamente toccante, molto più centrato ed emozionante di altri libri che magari, proponendosi lo stesso scopo, scelgono un registro più realistico.

La possibilità di sovrapporre a un piano di realtà, probabilmente di sofferenza, un altro che si muove nella dimensione della fantasia, dove si conserva una gioiosità e una vicinanza, credo sia molto benefico per il bambino che si trova a dover gestire un lutto. Inoltre Davies non separa mai del tutto le due dimensioni nel suo racconto: ciascuna è contaminata dall’altra, ne conserva elementi, i piani si incontrano perfino nel finale. In tal modo la separazione – l’aspetto doloroso della morte, per il bambino – è meno violenta, lacerante.

E’ inoltre una metafora efficace per parlare, senza dirlo, del potere del ricordo, della possibilità di far rivivere costantemente chi si è perso nella memoria delle esperienze che  si hanno avute insieme: l’isola è quel posto speciale dove risiedono tutti i momenti felici che nonno e nipote hanno condiviso ed è lì che il nonno si troverà per sempre a vivere, mandando al suo amato nipote messaggi che sono, e sempre saranno, i ricordi, che continueranno a germogliare nel suo cuore.

L’albo non ha bisogno di collocare il nonno in un presunto Paradiso o in un’altra dimensione trascendente, estranea e per questo fredda, per rassicurare il bambino. Lo pone semplicemente lì dove è e sarà: dove la fantasia del piccolo, alimentata dai momenti vissuti insieme – dagli oggetti, dagli interessi, forse dalle storie condivise – può sentirlo vivo e ancora presente.

Un libro che consiglio a chi è alle prese con bambine e bambini che hanno bisogno di elaborare un lutto perché può contribuire a offrire al piccolo un riferimento immaginifico cui appoggiarsi. Ovviamente, come tutti i buoni libri, non fornisce risposte, non promette soluzioni, non funge da medicina, ma sicuramente accarezza e spinge il lettore a guardare dentro di sé, a sentire, rivivere e pensare da un punto di vista diverso.

(consigliato dai 4 anni)

nonnocop“L’isola del nonno” di Benji Davies, Giralangolo, 2016, 36 pag., 15 euro

Se il libro ti piace, puoi comprarlo qui: L’isola del nonno. Ediz. illustrata

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